
Luciano Caprile
Critico d'arte
Conosco Giorgio Moiso da molti anni: ho sempre apprezzato la sua capacità d’invenzione cromatica e percettiva che l’ha portato a tradurre sulla tela o nel cuore palpitante della ceramica un gesto suscitato dall’impulso ritmico di un’emozione, favorito e acceso da una particolare circostanza.
In quelle occasioni la mano dell’artista precedeva fatalmente la motivata stupefazione della coscienza nell’intrecciare e nel coordinare segni o colori, nel mettere a frutto folgoranti incursioni nell’anima, nel coordinare perentorie pulsioni visive, nel captare l’importanza e l’essenza di certe accelerazioni musicali scaturite dall’amore per il jazz.
Tutto questo faceva Giorgio Moiso e tutto questo egli continua a fare ancora oggi con rinnovabile entusiasmo e con risultati sottolineati dall’eccellenza.
La sua arte proviene da lontano: dai tempi mitici dell’Albissola degli anni Sessanta scandita in particolare dalle presenze decisive di Lucio Fontana e di Asger Jorn.
Da lì ha preso il volo il suo informale arricchito dalla luce e dal profumo di una Liguria sbarbariana alimentata di delicate asprezze e di soavità espressive.
Le opere di Moiso, ospitate in ambiti prestigiosi come il Castello di Rivara, lo Spazio Mazzotta di Milano e la Pinacoteca di Savona, meriterebbero una risposta decisamente più favorevole e marcata del mercato italiano e internazionale.
Ma tutto ciò fa parte di un gioco che alla lunga premia quei collezionisti che sanno osservare, valutare e scegliere. Sotto tale profilo Moiso è da ritenersi un artista che possiede un divenire capace di decuplicare nel medio termine l’attuale valore mercantile dei suoi lavori e può arrivare alla cifra di 30,00- 40,000 euro e in casi particolari anche a 70,000 euro.
Non si tratta di una scommessa ma di un percorso di crescita che possiede assolute garanzie di successo.
26. 07. 2011